Guardando la laguna di Venezia, in una giornata tersa di primavera, verrebbe da pensare che il vetro abbia trovato a Murano una delle sue espressioni più perfette prendendo come prima ispirazione le splendide trasparenze e i delicati riflessi del mare. Rimanendo però fedeli alle testimonianze storiche e ai primi documenti ufficiali riferiti alla lavorazione di questo materiale nella Serenissima (risalenti al 982 e al 1087) si scopre invece che la lavorazione del vetro prima dell’anno mille era dedicata unicamente alla produzione di oggetti di uso quotidiano e più precisamente di fiole ovvero bottiglie in vetro soffiato con un corpo panciuto e un collo molto lungo.
Per parlare di una vera e propria arte del vetro, infatti, bisognerà aspettare il 1271, anno in cui la magistratura della Giustizia Vecchia, organo al tempo competente in materia, diede alla lavorazione del vetro la così detta Mariegola (o Madre Regola) ovvero lo statuto con il quale si definivano i diritti e i doveri relativi alla gestione delle arti e dei mestieri presenti in città. In questo primo periodo, la produzione è soprattutto di vetri da tavola, bicchieri ornati da piccole sporgenze vitree (morise) e fiole anche se la creatività e la fantasia artistica già si intravvede in piccole innovazioni come la decorazione cromatica del vetro con pitture a smalto.
Nel 1291, dato il moltiplicarsi di incendi devastanti provocati dalle fornaci delle vetrerie nella città di Venezia, il Maggior Consiglio decretò lo spostamento di tutte le botteghe vetrarie nell’isola di Murano che divenne così il luogo d’elezione per la lavorazione del vetro.
Verso la metà del 1400, l’arte del vetro di Murano conobbe una svolta epocale grazie ad Angelo Barovier, una figura affascinante di artista/scienziato che riuscì ad ottenere, attraverso un vero e proprio processo alchemico, un nuovo tipo di vetro estremamente pulito e così simile per trasparenza al cristallo che lui stesso chiamò vetro cristallino (poi cristallo veneziano). Questa nuova scoperta non riuscì a sostituirsi ai vetri colorati che nel mentre erano diventati una peculiarità della produzione muranese ma sicuramente contribuì ad affinarne in modo incredibile la trasparenza.
Tutto questo avveniva proprio agli esordi del XVI secolo, chiamato il ‘Secolo d’oro’, durante il quale la lavorazione del vetro raggiunse i suoi risultati più eccelsi: è proprio in questo periodo infatti che si sviluppano in tutta la loro bellezza le decorazioni d’oro e smalti che prendono come spunto le opere di Antonio Vivarini, di Andrea Mantegna e del Carpaccio.
Inoltre, proprio nel 1500 nascono e si sviluppano nuove tecniche come quella, famosissima, della filigrana a retortoli e della filigrana a reticello che forse più di tutte le altre contribuirono alla diffusione e alla passione per i vetri di Murano nelle corti e negli ambienti aristocratici di tutta Europa.
Ma lo splendore del vetro soffiato muranese era però destinato al declino: oltre alla fuga di numerosi mastri vetrai all’estero (e parliamo proprio di ‘fuga’ in quanto la permanenza sull’isola dei mastri vetrai era obbligata da un decreto della Serenissima per difendere l’esclusività dei manufatti), nel 1630 arrivò anche la peste che decimò la popolazione di tutta la laguna.
Durante tutto il settecento la produzione muranese fu un tripudio di forme e colori nei bicchieri e nelle brocche, nelle alzate e nelle cornici di vetro degli specchi, ma per parlare di una vera rinascita bisognerà aspettare il 1861, anno in cui l’Abate Vincenzo Zanetti darà vita a Murano al Museo dell’Arte Vetraria: sarà infatti osservando e riproducendo i pezzi antichi conservati nelle sue teche che alcuni maestri vetrai tra cui Toso, Fuga e Barovier ritroveranno ispirazione e importanti suggestioni così da ridare nuovo impulso al settore attraverso la riproduzione dei più bei vetri soffiati dei secoli precedenti e l’esecuzione di antiche lavorazioni come quelle delle ‘murrine’ romane, degli smalti a fuoco e delle decorazioni a foglia d’oro graffita.
Il XX secolo segnò un’altra grande svolta nella storia della lavorazione del vetro a Murano. Durante questo periodo, infatti, la produzione cominciò ad avvalersi della creatività di grandi artisti, pittori e designer contemporanei italiani ed europei dando vita a pezzi di assoluta eccellenza.
Nel 1950, grazie all’intuito di Egidio Costantini, nasce la “Fucina degli Angeli” (battezzata così da Jean Cocteau) che fece fare un salto di qualità al settore del vetro che da manufatto artigianale divenne vera e propria opera d’arte. In questo periodo arrivarono a Murano artisti del calibro di Picasso, Braque, Chagall, Le Corbusier, Kokoschka (solo per citarne alcuni) e collaborarono con i grandi maestri vetrai come Aldo “Polo”, Archimede Seguso, Aldo Nason, Angelo Tosi, …
Questo diede grande impulso alla produzione del vetro che si tradurrà in una nuova espressività legata al mondo industriale e caratterizzata da un forte realismo plastico.
Oggi, nell’isola di Murano, il vetro è un esclusivo strumento di espressione, capace di dare forma e interpretazione alla creatività sia di chi direttamente lo lavora che di chi ne progetta la forma e la cromia. Anche dopo tanti secoli, infatti, l’ispirazione trova in questo materiale un alleato perfetto, capace di donare a ogni singolo oggetto una magia particolare e inimitabile.